I dischi che ti si conficcano nel cuore sanno essere dei bei soggetti. Alcuni scompigliano i pensieri e poi li riordinano; altri prendono possesso di stomaco e/o gambe come fossero la stessa cosa; altri, ancora, suggeriscono che il domani sarà una faccenda completamente diversa per chiunque. Poi ci sono gli eletti. Quelli che con te hanno stretto un patto di passione eterna, magari scaturita da un primo ascolto casuale o dalla vista della copertina.
Andò così con l’esordio degli Spain di Josh Haden, notato durante una frettolosa passeggiata nella vetrina di un negozio angusto però assai fornito. Su fondo scuro, la grafica in perfetto stile Blue Note raffigurava una seducente silhouette femminile, avvolta sul retro in spirali di fumo e pronta a perdersi, sigaretta in mano, nelle notti insonni che immaginavo frequentate da Morphine e Tom Waits. Presi al volo senza sapere altro, sicuro che potesse bastarmi.
Dalla sera stessa, The Blue Moods Of Spain riscaldò l’intero inverno 1995 e molti altri. Periodicamente lo ripesco dagli scaffali, anche se – forse, proprio perché – ognuno dei suoi sessanta minuti è stato mandato a memoria e ciò nonostante ogni volta regala le stesse sensazioni della prima. Ma la musica? Casomai qualcuno fosse all’oscuro, provo a spiegarla in breve e come meglio posso. Josh Haden, cantante e bassista, è figlio del fu Charlie che non ha certo bisogno di presentazioni. Naturale che il retaggio e il DNA abbiano contribuito alla tinta degli umori tristi promessi (e mantenuti) dal titolo.
Umori che nulla avevano in comune con l’imperante grunge e viceversa molto con il lato oscuro e melanconico della California che per il ragazzo fu luogo d’adozione. Da qui il “blu Mitchell”, declinato secondo lo slowcore in lunghi brani intrisi di mestizia sentimentale maschile – un noir d’amore, se vi pare – abbigliata con eleganza e sentimento. In altre parole, è folk-jazz cameristico fuso ai Velvet Underground di Pale Blue Eyes, al blues scarno dei Cowboy Junkies, ai linguaggi di Buckley senior e di Tim Hardin, alle candele tremolanti dei Mazzy Star.
Punti cardinali di una magia che tuttavia si racconta unica sin dall’iniziale It’s So True, stasi di corde lontane che camminano lievi verso un’esplosione che non giunge mai. Eppure è un disco caldo, questo, nel quale respiri parecchio soul insieme riconoscibile e trasfigurato, dalla liquida Ten Nights alla rotonda raffinatezza di Untitled #1, dalle dodici battute in chiave post di Dreaming Of Love a una Ray Of Light che cuce confessioni su una tromba davisiana. Un disco dove la cifra autoriale di Josh è già perfettamente definita e assistista da compagni (Ken Boudakian, chitarra e organo; Evan Hartzell, batteria; Merlo Podlewski, chitarra solista) preparati e puntuali.
Ascoltare per credere l’estasi oppiacea tratteggiata da Her Used-To-Been, ma soprattutto World Of Blue, un quarto d’ora in volo libero per ipotizzare il John Cale di Academy In Peril al timone di Happy Sad. Più che una canzone, lo sgranarsi di un’anima lungo rosari d’archi, pensieri in chiaroscuro, transitori slanci emotivi. Quando termina, rimani a bocca aperta e chiedi alla tua parte più intima cosa sia accaduto; frattanto, la sonnolenta melanconia di I Lied introduce il commiato Spiritual, nella forma esattamente ciò che il titolo racconta e nel contenuto pura trascendenza da gospel laico bianco.
Avendone la possibilità, chiederei alla buonanima di Johnny Cash e al severo Mark Lanegan cosa gli passò per la mente il giorno che l’ascoltarono e se ne vollero appropriare. Specie l’Uomo In Nero, che incontro all’ora suprema ci stava andando davvero e nella sua versione lo avverti palpabile. Si chiude così un disco meraviglioso: con un’invocazione di umanità a tal punto commovente da convincerci che, chissà, forse un dio esiste se ha concesso una tale grazia. La quale si ripeterà solo di tanto in tanto: perché gli anni scorreranno e i lavori successivi, seppur gradevoli, svaniranno dentro la bellezza di The Blue Moods Of Spain. Delicata, sublime e destinata a brillare in eterno.
Grazie Giancarlo. Il tuo blog non è utile solamente quando ci fa scoprire qualcuno che non si conosceva, ma anche quando ci ricorda di dischi che abbiamo amato (ed io The Blue Moods of Spain l’ho letteralmente adorato) ma che non ascoltiamo da anni. Non appena trovo un’oretta libera lo metto su.
"Mi piace"Piace a 1 persona
Grazie a te Mauro. Un’ora al sonno direi che la si può (la si deve) rubare. E il resto del tempo offriamolo al nuovo album di Michael Head…
"Mi piace""Mi piace"
Grazie per la dritta. Provvederò.
"Mi piace""Mi piace"
Farsi del bene: sempre.
"Mi piace""Mi piace"