Ci sono gruppi che incarnano i luoghi di origine al punto da risultarne inscindibili. Non so voi, però fatico a immaginare i Sonic Youth a Los Angeles o i Meat Puppets in quel di Chicago. Allo stesso modo, il metallurgico garage-blues zuppo di folate noise, tossicità punk e granito hard degli Unsane poteva essere figlio solo di New York. Più paranoici dei Jesus Lizard e più cattivi dei Surgery, questi eredi dei Flipper si aggiravano tra i bassifondi della Grande Mela all’epoca dei sindaci Dinkins e Koch, quando la mela (prima di Rudy Giuliani, della tolleranza zero, degli yuppies che invaderanno Downtown) era marcia non per modo di dire.
Forse proprio per questo il loro furore arty era autentico ed è giunto sino a oggi: se infatti una formula può smarrire senso e smalto quando troppo insistita, con cavalli di razza – perfetti ma non troppo in quanto autenticamente umani – non si può mai dire. Sia dunque lode agli Unsane, che trentuno anni fa iniziarono a trasporre in suoni la paranoia e la violenza associate alla madre di tutte le metropoli. A Manhattan, Chris Spencer, cantante e chitarrista originario della North Carolina, stanava una sezione ritmica in Pete Shore (basso) e Charlie Ondras (batteria) chiudendosi in una sala prove condivisa con Pussy Galore e Cop Shoot Cop (della serie dimmi con chi vai…) per uscirne solo nel 1990.

Mentre la banda affronta il pubblico a testa bassa, un’urticante manciata di 45 giri per diversi marchi indica una progressiva focalizzazione. La svolta giunge una sera del 1991 al CBGB’s: un’esibizione con i Sonic Youth si protrae fino a notte fonda e il moderno power trio esplode in faccia a cinque persone. Una di queste è Gerard Cosloy, capo della Matador che assolda i ragazzi seduta stante. Primo frutto un LP omonimo dalla copertina eloquente – un altro loro marchio di fabbrica, la truculenza vera e lontana dal risibile splatter metallaro – che raffigura un uomo decapitato sui binari del treno. Del tutto in linea, il contenuto assembla distorsioni chitarristiche, basso da cazzotto nello stomaco, batteria che tutto raccorda.
Conferite ulteriori solidità e potenza al chirurgico frastuono, la lezione rumorista innerva un hard-blues di accordi in minore e una voce grondante alienazione e rabbia. Il problema di questi infuriati Travis Bickle resta mantenere la giusta distanza tra rappresentazione della realtà e identificazione nella stessa. Non vi riesce Ondras, stroncato nel 1992 da un’overdose. Lo rimpiazza Vinny Signorelli, ex Swans e Foetus che sottolinea così la funzione di cerniera esercitata dagli Unsane tra scene limitrofe che sino ad allora si erano frequentate poco.

Mentre l’etichetta inganna l’attesa recuperando i succitati 7” in Singles: 89-92 – l’artwork mostra una vasca e una doccia insanguinate – e un mini di sessioni per John Peel, l’attività concertistica acuisce l’intesa che nel ‘94 sfocia nel plumbeo Total Destruction. Imbrattati cofano e abitacolo di un’auto, Spencer e soci passano alla Amphetamine Reptile per Scattered, Smothered And Covered (indovinato? sangue su un letto) che sancisce l’uscita di Chris da problemi di droga, saluta il nuovo bassista Dave Curran e segna un apice dove sonorità affilate ed energiche si sommano a una penna fattasi quel tanto più epidermica. Essendo anni folli in cui i Ministry finiscono nei Top 40 e gli Helmet si accasano presso una major, il video super economico di Scrape finisce su MTV procurando date di spalla agli Slayer.
Gli Unsane potrebbero capitalizzare la stabilità conferita dal passaggio alla Relapse per Occupational Hazard, tuttavia il destino ha in serbo una beffa: in quello stesso 1998 Chris viene aggredito a Vienna. Lo salvano un’operazione di chirurgia e una sosta al principio del nuovo millennio. Il ritorno datato 2005 offrirà quattro apprezzabili dischi – tra i quali spicca il penultimo, Wreck, che chiude il cerchio rileggendo per l’appunto i Flipper – finché nel 2019 il Nostro coglierà tutti di sorpresa, dichiarando alla webzine “Equilibrio Precario” che non suonerà più con gli Unsane. Tranquilli, ragazzi, perché nel frattempo Spencer messo in pista gli Human Impact e qualcosa mi dice che ne sentiremo ancora delle belle. Dura la vita, nondimeno c’è chi è più duro di lei.