I Cold Sun e la mistica psichedelica

Volevo che i Cold Sun piacessero alla gente del domani.” (Bill Miller)

Scava e riscava, nella miniera dei fab sixties qualche manufatto sorprendente e di pregio lo trovi ancora. Così fu una dozzina d’anni or sono per chi scrive con la psichedelia ombrosa e avveniristica concepita dai Cold Sun, una faccenda che – per citare il loro amico, compaesano nonché collega di scorribande soniche Roky Erickson – vive in un tempo tutto suo, nel quale la West Coast del ’67-’68 si salda alla New York del decennio successivo e, non contenta, lambisce territori abitati da Velvet Underground, Peter Hammill, Ash Ra Tempel. Curiosi? Seguitemi in quel di Austin, Texas, dove Bill Miller e Tom McGarrigle sono fan dei 13th Floor Elevators che con Mike Waugh (basso) e Hugh Patton (batteria) hanno fondato i Couldron, presto divenuti Amethysts. Miller è cresciuto nella cartina di tornasole emotiva del deserto adorando Del Shannon e Joe Meek e canta accompagnandosi con l’autoharp, arnese della tradizione folk appalachiana in teoria assai lontano dal rock.

Se non che gli Elevators hanno dato l’esempio suonando addirittura un’anfora e perciò, ispirato dal ronzante Clavioline di Meek, il ragazzo elettrifica e manipola (“Avevo in testa l’idea di un piano segato a metà, con pick-up magnetici come ricevitori a transistor e corde come antenne in parte antiche e in parte tipo vettori spaziali.”). Cavandone suoni che ricordano uno spettrale organo o pianoforti sull’orlo del collasso, scrive assieme a Tom canzoni complesse con referenti coevi nella gang di Roky (“Rappresentavano la massima espansione del formato rock fuori dal mainstream.”) e nei Velvet, per i quali i Nostri aprono alcune date locali. Il risultato è personale, avvolto in un bizzarro gotico “delle sabbie” e percorso dalla tensione estatica dei Television e di certa post-psichedelia. Siamo però al tramonto dei ’60 e, no, questa non è una puntata di “Ai confini della realtà”.

Nel 1970 la band incide negli studi della Sonobeat un master che il capo dell’etichetta vuole piazzare alla Columbia come ha appena fatto con Johnny Winter. Tuttavia non si va oltre le registrazioni e il quartetto, ribattezzatosi Cold Sun, resiste fino al ’73 e poi si trasforma negli Aliens, chiudendo un primo cerchio a fianco dell’Erickson solista. Nel frattempo Michael Ritchey, bassista nell’ultima line-up, recupera i nastri che sedici anni dopo proporrà a Rich Haupt e Mike Migliore della Rockadelic. Le mascelle sul pavimento dallo stupore, costoro chiedono il “si stampi” a Bill, che dalla California in cui si è trasferito concede un’esigua tiratura che va subito esaurita. Ormai materia per collezionisti danarosi, nel 2008 la World In Sound la sistema sul CD Dark Shadows aggiungendo due brani dal vivo risalenti al 1972.  

Se la psichedelia è il vostro pane, procuratevelo. Sarebbe da pazzi rinunciare alla South Texas che decora country-rock in vena di blues acido con un assolo singhiozzante, a una For Ever da Black Sabbath strafatti e persuasi di essere i Grateful Dead, all’ottundente ipnosi Twisted Flower, alle dodici battute declinate secondo Lou Reed & Sterling Morrison di See What You Cause. Spetta comunque agli episodi più dilatati decollare lungo traiettorie imprendibili: un’inquieta Fall fa strame di Easter Everywhere con parentesi qui meditative e là febbrili, l’ansiogena allucinazione Ra-Ma mescola del garage mutante all’amaro lirismo del krautrock, in Here In The Year i Van Der Graaf Generator smantellano Ride Into The Sun con accelerazioni, oasi rumoriste, aperture liriche in anticipo su Tom Verlaine. Avanti veloce all’aprile 2011: i Cold Sun salgono sul palco dello “Psych Fest” di Austin prima di Erickson e dell’attrazione principale, i Black Angels. Un altro cerchio chiuso, e il momento nel quale Bill Miller è giunto fisicamente nel futuro in cui la sua mente aveva sempre vissuto.

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2 pensieri riguardo “I Cold Sun e la mistica psichedelica”

  1. Ecco, di questi mi sembra proprio di non averne mai sentito parlare. Uso il condizionale perché dopo quarant’anni o giù di lì di lettura di riviste musicali alle quali, nell’ultimo decennio, sono andati ad aggiungersi pochi ma buoni blog e webzine, la memoria potrebbe tradirmi. Di sicuro mai ascoltati. Altrettanto certo che, dopo aver letto quest’articolo, lo farò. Che bello quando mi metti certe pulci nell’orecchio!!! 🙂 🙂 🙂

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