2022: i sopravvissuti

Ebbene sì: sono giorni strani. Molto strani. Giorni bruttissimi, soprattutto, nei quali il mondo cade a pezzi mentre sta cercando di liberarsi del peggiore virus che lo abita. Come al solito, alla fine di un altro anno terribilis, tampono i timori ragionando sullo stato della musica. A proposito del quale, il cinico di professione trova pane per i suoi denti e attacca la solfa – in gran parte giustificata – che una volta tutto era meglio eccetera eccetera… Tuttavia, se la produzione discografica attuale resta di dimensioni quantitativamente insensate con le inevitabili ricadute sulla qualità, possiamo sempre trarre alcune indicazioni piuttosto stimolanti. Per esempio, l’evidenza che il rallentamento creativo non sia imputabile solo alla massa delle pubblicazioni, poiché in gioco entra anche un fattore legato alla dinamica “evolutiva”, in base al quale le forme d’arte progrediscono fino a un certo punto con passi da gigante e poi vanno avanti tra rallentamenti e stagnazioni. Nel caso di un linguaggio popolare, la linea di crescita è cronologicamente più breve e cinque anni pesano come mezzo secolo di altre discipline. Nonostante tutto, la “cosa” ancora si evolve, pur se di millimetri. Di conseguenza, alla faccia dei patetici sensazionalismi, non ha bisogno di essere salvata.

Talenti ne esistono tuttora e, come accade fin dal giorno uno, pescano idee e intuizioni dal passato infondendovi uno spirito attuale e intrecciandole in fisionomie il più possibile originali. Inoltre, bisogna considerare che Internet ha mutato la struttura elicoidale del tempo in favore di un orizzonte illimitato: dall’inizio del processo sono trascorsi vent’anni e ne avvertiamo le conseguenze in una compressione inversa dove il tempo medesimo accelera a dismisura, la nostra percezione si comprime e intanto la creatività si spezzetta in una serie di microuniversi paralleli. La fatica maggiore sta dunque nella selezione e nella ricerca, poiché – facciamocene una ragione – è matematicamente certo che da qualche parte sta accadendo qualcosa di interessante e ce lo stiamo perdendo. Per quanto mi riguarda, dal 2022 emergono dischi che poggiano sull’equilibrio tra presente e passato, irrobustiti da emozioni e passione. Lavori che spesso adottano una significativa cura per la canzone nel mentre indicano come ogni sfumatura dell’universo sonoro rappresenti ormai un canone. Il che non significa fossilizzazione. Semmai, di un’enorme banca dati dalla quale attingere per rigenerarsi. E da fan di Dr. Who, so che la rigenerazione è una gran bella cosa. Buon 2023, care lettrici e cari lettori.

Survival of the best

Big Thief – Dragon New Warm Mountain I Believe In You

Built To Spill –  When The Wind Forgets Your Name

Bill Callahan – Ytilaer           

Danger Mouse/Black Thought – Cheat Codes

Jake Xerxes Fussell – Good And Green Again    

Ghost Power – s/t

Michael Head & Red Elastic Band – Dear Scott  

King Hannah – I’m Not Sorry, I Was Just Being Me

Beth Orton – Weather Alive

Tomberlin – I Don’t Know Who Needs To Hear This…

Wilco – Cruel Country  

Yard Act –  The Overload

Premio della critica: Cowboy Junkies – Songs Of The Recollection

My country: Basement 3 – Naturalismo!

From the vaults

AA.VV. – Heavenly Remixes 3 & 4

Biff Bang Pow! – A Better Life: Complete Creations 1984-1991 

Dennis Bovell – The Dubmaster: The Essential Anthology

Broadcast – Maida Vale Sessions

Son House – Forever On My Mind

Movietone – Peel Sessions

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