Nel 1958 il cantante jazz Chris Connor per primo incise un brano di Margo Guryan, alla quale per laurearsi mancava ancora un biennio. In tanti lo seguiranno baciati dal successo e, come da triste regola, per ognuno che ce la fa decine perdono il treno. E a volte c’è anche chi via dalla pazza gloria ci va di sua sponte. Ad esempio una ragazza che possedeva ogni caratteristica per il successo: la penna scintillante, intinta in vaudeville e Tin Pan Alley come in jazz e pop; il sorriso amabile e la frangetta da timida, riservata dirimpettaia; soprattutto, canzoni che spalancano le finestre al sole nel più grigio dei giorni.
Ascolto e riascolto un pugno di delizie suadentemente orchestrate dalle strutture complesse però agili e penso a Louis Philippe, Eric Matthews, High Llamas. Vedi che succede a essere troppo intelligenti? Poi mi dico che l’intelligenza è come la bellezza: non può mai essere troppa. E chissà cosa sarebbe accaduto se la Guryan avesse incrociato sulla sua strada Van Dyke Parks o Curt Boettcher. D’accordo: le supposizioni non fanno la storia, ma mi è venuta di nuovo voglia di raccontare la (breve) vicenda di questa semisconosciuta, che all’inizio del nuovo secolo tornò nei negozi con la ristampa in CD di Take A Picture, vinile che i collezionisti si scambiavano a duecento dollari la copia.
Periferia borghese della Grande Mela, secondo dopoguerra: la piccola Margo è un prodigio che passa ore felici al pianoforte sotto l’occhio dei genitori. All’età giusta studia composizione classica alla Boston University e si genuflette di fronte a Cole Porter e Rodgers & Hart. Ama anche il jazz contemporaneo e vanta così un eterogeneo catalogo di influenze e una calligrafia che stuzzicano l’interesse della Atlantic. Assunta come compositrice per un problema (poi risolto) con l’estensione vocale, la giovane incamera esperienza e soldini, si laurea e frequenta – con Ornette Coleman e Don Cherry! – la Lenox School Of Jazz in Massachusetts. A lezione da Bill Evans e Max Roach, sposa un musicista e compone nel giro jazzistico.
Il punto di svolta è un 45 giri dei Beach Boys consigliato da un amico per lenire i dolori del divorzio e suonato fino a consumarne i solchi. God Only Knows, una delle odi d’amore più elevate, struggenti e ardite mai messe in musica, è per Margo un monolito kubrickiano che permette di accogliere il respiro pop che ancora le manca. Dopo aver composto per le fortune commerciali di altri, inizia a tenere da parte del materiale. Lavora anche come segretaria per il produttore Creed Taylor e un bel dì gli passa un nastro. Un Taylor entusiasta coinvolge la compagnia di edizioni della Columbia e la Bell Records, infine presenta alla Nostra il manager e futuro marito David Roster. Nel ’68 la ghost writer che fu rompe gli indugi con Take A Picture, gioiellino dove un Brian Wilson sano di mente scende dall’altra metà del cielo recando twee pop arguto mai a rischio di carie.
Prima dell’uscita, Spanky & Our Gang hanno dato lustro all’apertura Sunday Morning, soul bianco sexy con una punta acidula che spalanca l’uscio alle altre meraviglie. Sun è il beat dolce e raffinato mandato a memoria da Pizzicato Five e Belle & Sebastian, in Love Songs Lee Hazlewood compone per una Nancy Sinatra priva di malizia, i due minuti scarsi di Don’t Go Away mandano in collisione orchestra e ritmica culminando nell’errebì. A fungere da collante concorrono un lieve tema di fondo (le canzoni sono intese come delle fotografie), la concisione e un moderna retro-malinconia per sognatori pigri. Sorta di coperta di Linus intessuta di ricordi fittizi, le timbriche fanciullesche e lo sviluppo armonico circolare in stile Pet Sounds di Think Of Rain e Someone I Know arrivano al cuore con le marcette sussurrate Thoughts e Can You Tell. Al fiatistico, ilare vaudeville trasferito a New Orleans What Can I Give You rispondono il Bacharach apocrifo e barocco della title track e, in chiusura, la potente loungedelia di Love.
Positivo il riscontro critico, l’avversione della Guryan per i tour frena l’ascesa. In tempi di festival e raduni le radio non bastano più e Take A Picture non lascia traccia. Nemmeno eredi, poiché 25 Demos (o Thoughts, versione con la scaletta modificata) e 27 Demos sono ciò che i titoli lasciano supporre e The Chopsticks Variations una serie di esercizi sulla nota composizione di Euphemia Allen. Soprassedete pure, sapendo che a fine ’60 Margo torna a sfornare hit per Jackie DeShannon e Julie London. Poi fa la mamma, l’insegnante di piano e la produttrice a Los Angeles, dove tutt’ora scrive canzoni da peperino che nel 2007 sfotteva a 45 giri George Bush Jr. e Richard Nixon. La fama? E chissene! Dalla vita Margo ha avuto ciò che desiderava. Noi un… album che il tempo ha lasciato miracolosamente intatto.