XTC: insediamenti pop britannici

Un bel segnale quando fatichi sette camicie per decidere “il” disco più rappresentativo di un artista. Lo stesso se lo scambio di opinioni con gli amici sull’argomento sfocia in (bonarie) liti tra membri della Crusca Rock. Per esempio, anni di discussioni hanno comprovato che, come per i R.E.M., non ha senso consigliare a eventuali neofiti un solo titolo degli XTC. La loro profonda intelligenza può essere riassunta mettendo in fila il Revolver della new wave (Drums & Wires), un Album Bianco tinto di verde (English Settlement) e il magnifico psych-pop agreste di Skylarking. Almeno.

La discografia dell’Estasi insomma conta – ehi, ecco un altro parallelo con i Fab Four georgiani! – giusto un paio di episodi un po’ fiacchi e comunque anche lì qualcosa di pregiato o degno lo trovi. Sai la rabbia, al pensiero di quel che meriterebbe la premiata ditta Partridge & Moulding… Mi consolano la bellezza senza tempo di gesta che parvero subito classiche a chi capì la sapienza nel cogliere il momento e insieme trascenderlo, la capacità di aprire finestre nella mente e nel cuore dell’ascoltatore, l’arguzia nel sondare nuovi territori. La sostanza del Genio pop, ecco.

xtc

Chiedi ai Lennon, ai McCartney, ai Brian Wilson, ai Ray Davies se non sai come si fa. E chiedi a Andy e Colin, che dalla sonnacchiosa Swindon, Wiltshire, graffiarono il tronco sixties albionico con schegge post-punk e devianza beefheartiana. Ricetta ignorata da un grande pubblico irrimediabilmente separato dal senso di avventura del decennio favoloso, ciò nonostante un’epoca d’oro in confronto a oggi: un’epoca in cui esporsi su quattro facciate costituiva un gesto importante. Il più importante. Dal febbraio 1982 English Settlement troneggia negli scaffali avvalorando la tesi appena esposta; strano ma vero, è tra i pochi “successi” della band, siccome giunse quinto tra i 33 giri nazionali trainato dal jingle-jangle mutante del singolo Senses Working Overtime, a sua volta piazzatosi sul fondo della relativa Top 10.

Metto su l’album per l’ennesima volta. Poi un’altra e un’altra e insomma sono di nuovo al gancio. Lo conosco a memoria, tuttavia mi stupisce l’attualità (citofonare Field Music, per favore) di un suono con solide fondamenta: penna raffinata ed eterogenea e arrangiamenti fantasiosi però calibrati. Strabiliante equilibrio tra atmosfere trasformate dall’introduzione di chitarre acustiche e a 12 corde e di un’elettronica “umanista” e le spontanee bizzarrie di sempre. Applausi dunque anche all’ingegnere del suono Hugh Padgham per aver fotografato ogni sfumatura di un’estrosa popclopedia di un’importanza che il tempo seguita a ingigantire.

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Lungo le sue pagine, alla forma smagliante di Moulding – autore della squillante Runaways, dell’irresistibile Ball And Chain, di una fragrante English Roundabout dalla ritmica dispari, della frenetica Fly On The Wall – Andy risponde con metodica follia (Yacht Dance: reggae spagnoleggiante per alienati sorridenti; Down In The Cockpit: medesimi destinatari ma isterico funk), indagini sociali tutt’uno di Kinks e Blur a venire (Leisure), arguti “falsi etnici” che raccolgono il testimone attitudinale dai Can e parte dell’estetica dai Talking Heads (Melt The Guns, It’s Nearly Africa). Splendida e significativa, la copertina raffigura il cavallo bianco di Uffington tra metafore ataviche vestite a nuovo (Jason And The Argonauts), sfoglie d’ansia (Snowman), timori (No Thugs In Our House).

E il futuro dietro l’angolo, sia nel tondo melodiare di All Of A Sudden (It’s Too Late) preludio di Mummer che in brani forse già pensati esclusivamente per lo studio di registrazione. Dopo una manciata di date del successivo tour mondiale Andy Partridge dirà basta. Emulerà i Beatles spalancando la porta a una paura da palcoscenico usata come maschera protettiva. Consegnati gli XTC alla Storia, oggi sommerge i seguaci di tweet e ritagli e frattaglie del proprio Talento. Così lontano e così vicino, lui che con pienissima ragione cantava this is pop!

2 pensieri riguardo “XTC: insediamenti pop britannici”

  1. OK, litighiamo, allora (per scherzo, eh!). Disco degli XTC e disco degli R.E.M.da avere assolutamente se (abominio) si fosse obbligati a possederne uno soltanto. Per me “Drums and Wires” e “Fables of the Reconstruction”.

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