Camera Oscura – Look To The East, Look To The West (Merge)
Un decennio abbondante ci separa dall’ultimo messaggio inviatoci dai Camera Obscura, e i motivi del silenzio vanno cercati nella tragica dipartita della tastierista Carey Lander. Correva il 2015 quando la band cancellava un tour americano per stringersi attorno a Carey e fare il possibile per guarirla, ma in autunno un osteosarcoma la stroncava. Subito la cantante Tracyanne Campbell dichiarava che l’amica era ancora nel gruppo, che al tempo – forte del contratto con 4AD e di due apprezzabili album – stava riscontrando un crescente successo fuori dal “giro” indie. Già conquistato a inizio carriera, quello, grazie a fan come John Peel e uno Stuart Murdoch che della formazione produceva l’LP di esordio: questione di evidenti affinità, sebbene i Camera Obscura abbiano sempre allontanato la definizione di “Belle & Sebastian di serie B” in virtù di canzoni dove la classe e l’ispirazione seguivano il cuore.
Che quest’ultimo tuttora serva da bussola lo comprovano il rimettersi in sesto umano e artistico avviato nel 2019 e gli ovvi – ma non per questo scontati – risvolti emotivi di questo splendido Look To The East, Look To The West, in cui profondità di analisi e pienezza espressiva (la scrittura è di alto livello, gli arrangiamenti calibratissimi e attenti all’intarsio) si fondono in un pop “per adulti” (non un controsenso: pensate a Blur e Clientele) dal taglio dolceamaro. Ricetta collaudata che recapita il disco migliore degli scozzesi, in ragione della grazia mai svenevole – fosse tutto così, il twee pop! – di Liberty Print e del brano omonimo, di una We’re Going To Make It In A Man’s World che chiude il cerchio tra giovani Beatles e girl groups, degli aromi country (che tornano anche altrove, sistemati da qualche parte tra Easy Pieces e Love Not Money…) sparsi su The Light Nights, di una frizzante ed esplicativa Pop Goes Pop, del chiaroscuro Sleepwalking e dell’accorata gemella in forma di pianistica elegia Sugar Almond. Parafrasando un brano degli stessi Camera Obscura che rispondeva al classico del connazionale Lloyd Cole: Tracyanne, we’re really heartbroken.
Ibibio Sound Machine – Pull The Rope (Merge)
Guidati dalla cantante di origine nigeriana (tanto stile e sentimento nella sua voce) Eno Williams, i londinesi Ibibio Sound Machine rappresentano un esperimento di contaminazione dove ogni elemento è al posto giusto. Pubblicano poco e bene, maneggiano disinvolti le radici e la tecnologia, vantano intelligenza, classe e personalità tali da ravvivare un crossover che troppo spesso sovente si dà per scontato. Un cocktail che il nutrito ensemble ha condotto ad assoluta perfezione nel 2022 con Electricity, amalgamando retaggio soul e venature terzomondiste, scansioni ballabili e arguzie pop, Africa ed Europa, anni ’80 e terzo millennio. Ne risulta un’idea felicemente ibrida e modernissima di black poggiata sull’eleganza di forme rara – ovvero, del tipo che non va mai mai a scapito della sostanza – e sulla volontà a non assopirsi sugli allori.
Da cercare lì le fondamenta di Pull The Rope, dal momento che la presenza in cabina di regia di Ross Orton ha esortato Eno e il partner creativo Max Grunhard a una sterzata metodologica: invece di incastonare testi su pezzi scritti da Max oppure scaturiti da jam con il gruppo, il duo ha composto in stretta collaborazione. Successivamente, con un lavoro in studio più rapido del solito, ha messo a punto sonorità ricche di verve e finezza caratterizzate da uno scrupoloso lavoro sull’aspetto ritmico. Buonissimo nel complesso l’esito e addirittura sensazionale nello scontro frontale sulla pista da ballo tra quei Talking Heads e Afrika Bambaata del brano omonimo, in una Mama Say dalle volute synth-pop e una coda scatenata che invoca il remix, nel vigore avvolgente di Political Incorrect, nell’afro-disco-space-hop (!) Them Say, negli elettrofunk da giungla urbana Dance In The Rain e Fire. Oltre a tutto questo, applaudi il messaggio che emerge dalle parole mai banali della Williams e dal significato del progetto nel suo complesso. Perché in tempi così angoscianti abbiamo più che mai bisogno di musica bella, certo che sì, ma soprattutto viva. Ed è proprio ciò che Pull The Rope offre a piene mani.